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TRIESTE, UNIONI CIVILI: DIVERSE DAL MATRIMONIO, MA RISPETTO PER LE PERSONE SIA UGUALE.




Unioni Civili, Rovis (TP): "Il matrimonio è altro, ma luoghi e orari possono essere gli stessi. Dipiazza ci ripensi, si rispettino sensibilità e dignità di tutti".

19 agosto 2016

La scelta del Comune di Trieste di vietare l’uso della saletta di piazza Unità per officiare le unioni civili ha tutta l’aria di un dispetto.

Perché è vero che l’unione civile è altro rispetto al matrimonio. È probabilmente vero che la legge non impone di utilizzare il medesimo spazio e le medesime giornate per i due diversi atti amministrativi. Certo è che neppure lo vieta. È quindi il classico caso in cui andrebbe superato l'atteggiamento da burocrate e dovrebbero invece subentrare sensibilità e, più prosaicamente, opportunità politica. Entrambe suggeriscono che su temi delicati, che investono le persone e i loro sentimenti, una pubblica amministrazione dimostri totali imparzialità e rispetto. E non basta che lo faccia, deve anche evitare qualsiasi sospetto che ciò non stia avvenendo.

Nel caso della gestione delle unioni civili, la Giunta triestina ha deciso di escludere la possibilità di registrarle il sabato e di farlo in un luogo nascosto, dentro i corridoi comunali. Eppure nulla impediva di inserire anche qualche unione civile fra i tanti matrimoni che si celebrano, sabato incluso, nella saletta fronte piazza Unità. Che, per inciso, si chiama “matrimoni” solo per convenzione. Perché lì dentro si tengono anche conferenze stampa, incontri, riunioni e, d’estate, funge spesso da camerino per gli artisti che si esibiscono sul palco che viene montato lì davanti. Non è certo un luogo “sacro”, quindi.

Il sindaco Roberto Dipiazza è uomo pratico e intellettualmente libero, mai animato (almeno finora) da furori ideologici. Un tempo, per questioni come questa, avrebbe adottato la linea del “si faccia come va bene a loro” posto che, evidentemente, nulla viene tolto ad altri. Spero ci rifletta e riveda le decisioni prese. 

Tra matrimonio e unione civile c’è differenza ed è giusto ci sia. Ma non si può fingere che l’unione civile sia una banalità da “orario ufficio” e non riguardi, invece, due persone che formalizzano di fronte alla propria comunità il loro rapporto affettivo. Persone la cui unione è altra da quelle fra sessi opposti, ma le cui sensibilità e dignità sono uguali. E vanno trattate con lo stesso rispetto.

Paolo Rovis
Coordinatore "Trieste Popolare"
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