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BIKE-SHARING? SPERIAMO BENE...


La giunta Cosolini si appresta a spendere parecchi soldi pubblici per avviare il bike-sharing a Trieste. Cioè la messa a disposizione di biclette "pubbliche" per muoversi lungo le vie cittadine. Un sistema già adottato, con successo, in molte città italiane ed europee. Un sistema però anche costoso e oneroso da gestire. Tuttavia, mi auguro funzioni e riesca a ripagarsi. Anche perché l'idea non è per niente nuova. Avevamo provato noi a far partire un servizio sperimentale nel 2009. I risultati? Quelli che potete leggere nell'articolo de "Il Piccolo" pubblicato il 28 luglio 2009 e che vi ripropongo qui sotto....

La bici? No, grazie. Meglio il traffico caotico
di MADDALENA REBECCA
Il Piccolo di Trieste, 28 luglio 2009

A Parigi, Vienna, Lubiana vanno letteralmente a ruba. E anche a Roma - nonostante la presenza dei sette colli costringa turisti e residenti a impegnativi e continui sali-scendi -, riscuotono un ottimo successo. A Trieste, invece, le biciclette pubbliche non se le fila nessuno. E non è un problema di prezzi bensì, probabilmente, di pigrizia. Fisica e mentale. Anche se offerte gratuitamente, infatti, le due ruote collettive qui restano al palo. Al punto che la prima iniziativa avviata per incentivare l’uso di mezzi alternativi alle macchine - l’accoppiata ”bici+auto” lanciata dall’Amt - verrà sospesa per mancanza di utenti a partire dal 1° agosto. Con buona pace dei tanti triestini che, dopo essersi lamentati per anni dell’assenza di progetti simili in città e aver salutato con entusiasmo la partenza del progetto sperimentale, anziché cogliere la palla al balzo, si sono tirati completamente indietro.


IL FLOP Che il test ecologico di Amt si sia rivelato un vero fiasco lo dimostrano i numeri. In tre mesi di sperimentazione, da maggio a luglio, le dodici biciclette dotate di chiavetta anti-furto posizionate davanti ai parcheggi coperti di via Locchi e viale Sanzio sono state utilizzate appena da una dozzina di persone. «In base alle stime iniziali invece - spiega il direttore della spa Davide Fermo - ci saremmo attesi più o meno 60 utenti. La risposta della popolazione, quindi, è stata molto al di sotto delle aspettative e un po’ di delusione, indubbiamente, c’è».


SERVIZIO SOSPESO Inevitabile, visti risultati così modesti, procedere alla sospensione del servizio. Il gioco, evidentemente, non vale la candela e le spese rischierebbero di essere di gran lunga superiori ai vantaggi finali. Anche perché se durante i tre mesi sperimentali il test è costato appena 1000 euro - pagati alla società ”C’entro in bici” che fornisce due ruote pubbliche in tutta Italia -, a regime la cifra richiesta per tenere in piedi un identico ”parco mezzi” salirà a 10 mila euro. «Sapevamo che, inizialmente, il progetto avrebbe potuto incontrare qualche difficoltà legata, da un lato, alle caratteristiche del nostro territorio, non pianeggiante come quello di Latisana o Monfalcone, dall’altro alle abitudini dei triestini, poco in confidenza con le due ruote. Prudenzialmente, quindi, abbiamo optato per il noleggio e non l’acquisto dei veicoli, ripromettendoci poi di tirare le somme a fine sperimentazione. A settembre, quando avremo anche altri dati sul servizio, prenderemo le decisioni. Vedremo insomma se riproporre la formula ”auto+bici”, magari con qualche nuovo accorgimento, o rinunciarvi del tutto».


LA CONTRADDIZIONE E pensare che l’esperimento era partito sotto i migliori auspici. L’avvio era stato salutato infatti da commenti entusiastici, continue richieste di informazioni e osservazioni del tipo «era ora che qualcuno pensasse a dotare Trieste di bici pubbliche». Poi però, passato l’entusiasmo iniziale, gli estimatori della prima ora hanno finito per marcare visita, scegliendo di non approfittare dell’occasione che, a parole, tanti definivano imperdibile.


PIGRIZIA «Questo insuccesso ci dispiace molto - commenta Stefano Cozzini, responsabile mobilità dell’associazione Ulisse che, da anni, lavora per promuovere lo sviluppo di una mobilità più sostenibile -. Del resto abbiamo notato già in altre occasioni come il triestino, di fronte all’opzione due ruote, tenda ad accampare scuse. Il famoso «no se pol» vale anche in questo campo. Non a caso la maggior parte di chi si muove in bici a Trieste non è originario di qui. Penso ai tanti studenti che vediamo in giro in bicletta: provengono quasi tutti dal Triveneto e sono mentalmente più abituati a muoversi con quel mezzo. Detto questo - continua Gozzini - noi stessi temevano che il servizio di Amt, così strutturato, non avrebbe ottenuto grandi risposte. Sono stati commessi infatti tre errori: collocare le bici in posizioni poco centrali, non mettere a disposizioni veicoli con il cambio (indispensabile per affrontare le salite) e rivolgersi solo agli automobilisti, tralasciando altri tipi di target, forse più sensibili all’argomento. L’idea quindi non va tralasciata, ma riproposta in modo più adeguato».


LE PROPOSTE Il flop della formula ”auto+bici”, secondo le associazioni di pedoni e ciclisti, non deve quindi far gettare la spugna. «Al contrario - osserva Sergio Tremul, presidente di CamminaTrieste -. bisogna insistere di più e superare la pigrizia e le resistenze mentali dei triestini. Dobbiamo renderci conto tutti che così, con 160 mila auto e 80 mila motorini che circolano in città, non possiamo più andare avanti. Bisogna correre ai ripari per frenare il traffico diventato ormai insostenbile, magari prevedendo l’’integrazione ”bus+bici”». «La formula migliore per una città come Trieste - suggerisce ancora Cozzini - potrebbe essere quella del ”bike-sharing” (soluzione che prevede una serie di biciclette di proprietà comunale dislocate in diversi punti della città e utilizzabili previo abbonamento ndr), che consenta per esempio a chi arriva a Trieste in treno di raggiungere il centro».


BIKE-SHARING «Quella del bike-sharing è una delle ipotesi che stiamo esaminando - spiega l’assessore allo Sviluppo Economico Paolo Rovis, convinto della necessità di tentare altre strade per incentivare l’uso delle due ruote -. Ha però costi di gestione piuttosto elevati: oltre alle bici, infatti, bisogna pagare il personale che, di notte, vada a recuperare e smistare tutti i mezzi lasciati nei vari punti di raccolta. Per rendere sostenibile questa formula bisognerebbe trovare uno sponsor privato: un po’ come a Vienna dove tutte le bici pubbliche hanno il logo ”Visa”. In alternativa, potremmo pensare ad installare rastrelliere vicine ai parcheggi in superficie del centro, per esempio sulle Rive o in piazza della Borsa, a disposizione sia dei residenti sia dei turisti. In ogni caso - conclude Rovis - insisteremo su questa strada. Conosciamo infatti i triestini e sappiamo quanto le novità qui fatichino ad attecchire».
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5 commenti:

  1. Idea sicuramente interessante...per curiosità come viene finanziata?

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  2. Questo è quanto dice il Sindaco. Si tratta dell'investimento iniziale, poi, se e quanto costerà mantenere il servizio a regime, non è noto.

    "FINANZIAMENTO DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE AL COMUNE DI TRIESTE PER LA REALIZZAZIONE DEL “BIKE SHARING-TRIESTINBIKE” Al Comune di Trieste sarà realizzato il “Bike Sharing-Triestinbike”, grazie al cofinanziamento del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare che ammonta a 353.146,27 euro, su un costo complessivo di 504 mila euro. In tal senso è stata siglata tra il Sindaco Roberto Cosolini e Antonio Strambaci Scarcia, rappresentante del Ministero dell’Ambiente-Direzione per lo Sviluppo Sostenibile, l’intesa per l’avvio esecutivo del progetto di Bike Sharing nella città di Trieste, sulla base dell’Accordo di Programma già a suo tempo sottoscritto. L’iniziativa prevede l’installazione di apposite ‘stazioni’ in diversi punti della città dove collocare le biciclette, che vengono quindi bloccate e saranno riutilizzabili quando il successivo utente le avrà sbloccate con una chiave o con una tessera ‘ad hoc’. Servizio che, come si può capire, richiede una preventiva registrazione per la consegna delle chiavi o della tessera, quindi anche una centrale telematica principale. Al termine dell'utilizzo la bicicletta potrà venir lasciata in un'altra stazione. L’intervento – ha rilevato il Sindaco Cosolini - rientra nell’ampio progetto comunitario “Pisus” (Piano Integrato di Sviluppo Urbano Sostenibile) per la valorizzazione della città sotto il profilo infrastrutturale e turistico, commerciale ed economico, favorendone l’attrattività, anch’esso recentemente sottoscritto in Municipio con i principali partner istituzionali della nostra provincia. Tutti progetti in linea con gli impegni assunti dalla nuova Amministrazione Comunale per una più funzionale mobilità urbana e migliore qualità della vita nell’ambito cittadino."

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  3. Il sistema del bike sharing molto diffuso in Europa anche in Italia sembra stia acquisendo interesse. Quello che mi fa pensare sono due cose: 1) ho l'impressione che potrebbero essere i costi di gestione durante l'anno ad essere alti perchè sarà necessario provvedere alla manutenzione delle bici e delle stazioni, alla gestione del sistema di registrazione utenti, 2) la costituzione del territorio di Trieste che ha parecchie salite e discese.

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  4. L'altra volta non ha funzionato perché avevate messo le bici in luoghi inaccessibili dalla stragrande maggioranza della popolazione (via Locchi e viale Sanzio: un'idea ridicola!). Ovvio che sarebbe stato un flop. Per funzionare occorre mettere gli stalli in Stazione, in piazza Borsa, in piazza Goldoni, piazza Ospedale, Rive, Campo Marzio, via Battisti, piazza Oberdan. Così vedi come funzionerebbe il progetto

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  5. Tecnicamente parlando una bicicletta triestina deve essere per ragioni evidenti di usabilità: ruote piccole (20 polici) cambio nel mozzo senza manutenzione, idem per la dinamo, ruote o camere d' aria antiforatura.
    Inoltre guardato in giro dove funziona? funziona più o meno bene dove c'è già una cultura bike, quindi... mi vien da ridere!

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