Prevedibile e annunciato, il ricorso al TAR avverso la delibera del Comune che qualifica Trieste "Città d'Arte" è stato depositato dalla Regione il 5 maggio scorso. Si chiede la sospensione prima e l'annullamento poi dell'atto approvato quasi unanimemente dal Consiglio comunale.
La decisione non stupisce. Già a ottobre 2008, fra le contestazioni dei Consiglieri regionali di casa nostra e del Comune stesso, venne cancellata la qualifica di Trieste "Città Turistica".
Qualche settimana fa, il riparto dei fondi per la promozione turistica. A fronte di un taglio del 25% su base regionale - condivisibile, viste le priorità a favore dell'occupazione e delle imprese dettate dalla crisi economica - gli Enti e Istituzioni della provincia triestina si sono trovati a dividersi risorse decurtate del 75%. Denari che, fra l'altro, a maggio 2009 non sono ancora stati erogati.
Dulcis in fundo, appunto, la richiesta di abrogazione della qualifica di Trieste "Città d'Arte", status che potrebbe consentire, come spiegato in altro post su questo blog, l'accesso a specifici finanziamenti dello Stato per la valorizzazione del patrimonio artistico della città.
Insomma, se non è una dichiarazione di guerra poco ci manca.
Naturalmente il Comune si opporrà fermamente alla richiesta regionale attraverso la propria avvocatura: l'esito non è scontato nè per una parte nè per l'altra e sarà interessante, in ogni caso, leggere le motivazioni che il Tribunale Amministrativo darà alla propria sentenza.
Una cosa è certa.
Quando la politica si affida alle aule dei tribunali per affermare le proprie ragioni, calpestando quanto si decide in altre aule, quelle degli eletti dai cittadini;
quando la politica impone leggi negando il dialogo ed il confronto;
quando la politica non tiene in alcun conto quanto proposto da chi rappresenta un sesto degli abitanti di una Regione,
quando tutto questo si verifica allora non di politica si tratta, bensì di dannosa, fredda, arrogante e banale burocrazia.
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