Premetto una cosa: non voglio fare alcun tipo di demagogia. Ritengo che l'amministratore, il legislatore e tutti gli incarichi pubblici vadano retribuiti e anche, se vogliamo, retribuiti bene. Perché sono compiti di massima responsabilità e svolgerli al meglio richiede studio, preparazione, dedizione, tempo, spesso rinunce nella propria attività lavorativa e nella vita privata.
Siamo però alla fine del 2009. Anno terribile per l'economia mondiale. Se è vero che l'Italia, la nostra Regione e Trieste - per motivi diversi - hanno retto meglio di altri territori, è altrettanto vero che migliaia di famiglie hanno perso o si sono viste ridotto il proprio reddito.
Aziende hanno chiuso i battenti, la cassa integrazione ordinaria e quella in deroga hanno raggiunto livelli record, l'indebitamento generale è aumentato.
La Regione si è fatta carico della situazione, ha attivato strumenti corposi ed efficaci per ridurre le difficoltà di imprese e lavoratori, mettendo a disposizione risorse ingenti.
Bene, anzi, molto bene.
Ma la politica non è solo scelte ed azioni consequenziali: se così fosse, basterebbero dei bravi dirigenti. La politica, specie se diretta espressione di un circoscritto territorio, dev'essere sensibilità e partecipazione solidale alla vita dei cittadini.
Per ciò il segnale dato con l'aumento dei rimborsi spese è pessimo. Perché divide - ulteriormente - gli amministratori dagli amministrati. Con i primi che scivolano nell'autoreferenzialità ed i secondi che, giustamente, si incazzano.
L'Aula di piazza Oberdan si è dimostrata in quest'occasione impermeabile alle problematiche comuni, insensibile agli stati d'animo ed ai tempi. E lo ha fatto in modo bipartisan, come il bon ton insegna: sui denari da auto-distribuirsi non si sono mai ingaggiate epiche battaglie fra opposti schieramenti.
Abbiamo sentito giustificazioni che, francamente, hanno peggiorato la situazione. "Lavoriamo un giorno in più" e "percorriamo più kilometri". Mah...
Si augurino piuttosto che, al momento di ri-chiedere il voto, il pensionato con la minima, la casalinga o l'operaio in cassa integrazione, alle prese con ben più pressanti problemi quotidiani, abbiano dimenticato questo infelice e goffo provvedimento.
Magari per averne sostituito il ricordo con quello di qualche azione legislativa di respiro un po' più ampio e, sperabilmente, utile all'intera collettività regionale.
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