Outlet di Aiello del Friuli, 6 gennaio, giorno dell'Epifania. Saldi iniziati da poco, i numerosi negozi del Centro sono aperti, i clienti accorrono a frotte. Una boccata d'ossigeno in questo periodo di crisi per gli esercenti, possibilità di qualche buon affare per i consumatori a caccia di occasioni, ché i soldi a disposizione sono quelli che sono. Tutto normale, quindi? Per nulla, il complesso commerciale sarebbe dovuto rimanere chiuso: il 6 gennaio non si deve lavorare, lo proibisce la nuova legge regionale sul commercio. Esplicitamente. Così scatta puntuale la sanzione: 33.000 euro, mica noccioline. Multa del tutto legittima, sia chiaro, lo prevede la medesima legge...
Trieste, Centro Commerciale Torri d'Europa, stesso giorno. Cittadini, famiglie, consumatori inferociti davanti alle porte chiuse. Qui la legge è stata rispettata,. Negozi sprangati, commessi a casa. I potenziali clienti risalgono in macchina, molti muovono in direzione Slovenia, lì i commercianti lavorano, nessuno glielo vieta.
Fuori fa freddo, soffia la bora, in centrocittà pochi audaci a sfidare le raffiche curiosando fra le rarissime vetrine illuminate. Qui non vige il divieto di apertura, ma solo alcuni ne approfittano per alzare la serranda.
Scene destinate a ripetersi per quasi tutte le festività comandate e per ben 23 domeniche all'anno.
E' la legge, bellezza. Quella del Friuli Venezia Giulia, regione al centro della nuova Europa, all'alba del nono anno del terzo millennio. Dice che alcuni tipi di imprenditori non possono lavorare quando vogliono. Dice che alcuni negozi che hanno la disgrazia di essere più grandi di 400 metri quadrati, collocati al di là di un confine che divide in zone la città devono rimanere chiusi. Quando il concorrente che ha un metro quadrato di meno o che sta al di qua di una linea che nessuno vede e nessuno conosce, apre, lavora, guadagna.
Gongolano gli amici Sloveni, ché tanta clientela triestina in un colpo solo non l'avevano mai vista. Gongolano e ringraziano. Un po' anche sogghignano, di nascosto, senza farsi vedere: non sia mai qualcuno si accorga dell'entità del regalo ricevuto e ci ripensi. Non misurano il proprio negozio, non sono obbligati a consultare piani regolatori e calendari: fanno il loro mestiere, vendono.
E i Triestini comprano.
Il Garante della Concorrenza, Antonio Catricalà, ha sonoramente bocciato leggi analoghe a quella della nostra regione, in quanto "produce danni sia in termini di opportunità gestionali concesse agli operatori, sia in termini di servizi offerti ai consumatori che sempre più orientano le proprie abitudini di acquisto nelle giornate di domenica e nei festivi". Determinando inoltre "significative alterazioni della concorrenza" che, se valgono per le altre regioni italiane, a maggior ragione in una terra di confine dove uno Stato contermine applica norme più liberali.
Per la nostra regione, quindi, libertà di impresa alla Giucas Casella: solo quando ve lo dico io!
E' così che, mentre l'Europa si appresta a celebrare il ventennale della caduta del Muro di Berlino, il Friuli Venezia Giulia festeggia a modo suo: emanando leggi che tengono vivo il ricordo delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
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A parer mio questa legge è scandalosa. Sia sotto l’aspetto etico che sotto un profilo di matrice economica. L’aspetto morale coinvolge la libertà di lavoro che ci riguarda tutti vincolando chi, se vuole lavorare ogni giorno all’anno, ora non può più farlo. Ed è vero, gongolano i vicini esercenti sloveni che si troveranno ad avere un incremento di utenza grazie una promozione non pagata e richiesta della Regione FVG. Ma chiediamoci a chi giova tale legge: ovvio non agli esercenti colpiti dalla stessa. Non di certo al piccolo commercio sito nei centri cittadini che nei giorni festivi non avendo l’animo del crumiro, non terranno di sicuro aperti i battenti ed anche se avessero una minima parte di dipendenza, non sarebbe di certo possibile farla lavorare per un motivo prettamente legato ai costi. Al cittadino nemmeno poiché, si ritroverà con una possibilità d’acquisto limitata ai soli giorni feriali. Ai lavoratori non credo, avendone sentiti alcuni che eccepivano come, ricevendo durante le festività una paga superiore, erano ben contenti di poter lavorare in tali giorni. Inoltre la riduzione di turni resasi obbligatoria a seguito della legge, obbligherà giustamente una riduzione del personale, aspetto sicuramente “auspicabile” in una fase critica economicamente come questa. Altra cosa che a dir poco non mi aggrada in questa legge è che come al solito è stata varata “all’italiana” mantenendo il piede in due staffe: cosa significa mantenere aperto 23 domeniche? L’utente si porrà certamente il dubbio se quella corrente sia quella di apertura o chiusura rinunciando in molti casi ad avviarsi verso l’esercizio con un danno di accessi per il commerciante che non gli garantisce la prevista marginalità sull’apertura effettuata. Piuttosto si dica che durante tutti i giorni festivi non si può più tenere aperto: sarebbe molto più coerente e meno ipocrita.
RispondiEliminaIo, non avendo un esercizio pubblico continuerò a lavorare di domenica/giorni festivi sperando di non trovarmi nella necessità di dover fare un acquisto in regione. Aiutiamo la recessione a crescere!!
Giuseppe Aldè
Sinceramente mi sembrano un po' lacrime di coccodrillo. La nuova legge sul commercio è espressione politica della maggioranza che governa Stato, Regione e Comune, se non sbaglio tutti politicamente affini all'assessore Rovis.
RispondiEliminaCaro Giuseppe, tutto ciò che hai scritto lo condivido pienamente e sono proprio queste le ragioni che mi hanno spinto, fin dall'inizio, a non condividere questa legge anacronistica e fortemente penalizzante per tutti, cittadini in primis.
RispondiEliminaNessuna lacrima di coccodrillo, caro Orlando. Hai ragione, sono un assessore di Forza Italia - Popolo della Libertà, lo stesso partito che è maggioranza al Governo, Regione, Comune di Trieste. Il Governo della Repubblica non ha alcuna parte in questa vicenda, per cui lasciamolo fuori.
Avere un'appartenenza politica non significa però portare il cervello all'ammasso. Nè può vietare di contestare un provvedimento che ritengo profondamente sbagliato.
L'attuale governo regionale è a mio giudizio il migliore possibile. Sta operando molto bene su tanti fronti, a partire da una oculata gestione delle risorse finanziarie, dopo le spese allegre del centrosinistra che ha lasciato in eredità un debito più che raddoppiato.
Sulla legge sul commercio ha sbagliato. L'ho detto pubblicamente sin dalla presentazione della prima bozza.
Anche perché, se vogliamo, non dovrebbe essere nelle corde di un partito che si chiama "Popolo della LIbertà" approvare leggi che limitino la libertà di impresa e la capacità imprenditoriale.
Per come la penso, quindi, mi sento di essere dalla parte giusta e nel Partito giusto.
E' qualcun altro forse, ancorché dalla mia stessa parte, che una riflessione personale credo dovrebbe farla.