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UN "PATTO PER TRIESTE". SOLO FANTAPOLITICA?


Sono un cittadino, prima che un amministratore pubblico eletto dai cittadini. Sono uno che ha un lavoro normale, una casa, una famiglia. Sono titolare – da ormai 26 anni - di un’attività artigiana che si confronta quotidianamente, come tantissimi altri, con gli effetti di una crisi che non ha risparmiato nessuno.

Vivo, penso e ragiono, quindi, come le centinaia di Triestini che incontro ogni giorno. In strada, sul lavoro, in autobus, nei bar a bere un caffè, nel supermercato sotto casa. Insieme discutiamo, scambiamo opinioni. Ricevo critiche e incoraggiamenti. E registro gli umori, il grado di fiducia nelle Istituzioni e nella loro capacità di affrontare e risolvere i problemi, grandi e piccoli, che condizionano la vita quotidiana di ciascuno di noi. E che potrebbero determinare il colore del nostro futuro in una scala cromatica che va dal rosa al nero fuliggine.

Il disincanto è notevole. La politica romana è percepita lontana anni luce, e non solo come distanza geografica. Con quella locale il rapporto è meno logoro. Sarà per l’elezione diretta dei Sindaci, per la possibilità di scegliere con la preferenza i singoli Consiglieri comunali, sarà perché ci si incontra per strada, si scambiano due battute in triestino e ci si saluta stringendosi la mano.

Ma anche questa familiarità tra una comunità ed i propri amministratori pro-tempore può non essere sufficiente a tenere salde le due parti del medesimo organismo. Il collante, affinché non si secchi, va nutrito e rigenerato attraverso un costante rapporto di ascolto, analisi, sintesi, condivisione e concrete risposte. E queste ultime possono arrivare solo se vi è, da parte dei pubblici amministratori, capacità di decisione e di perseguimento degli obiettivi. Senza tentennamenti, beghe e litigi, senza drastici mutamenti di rotta.

Trieste si trova in una condizione geo-temporale assolutamente peculiare, che rende funzionale il suo territorio alle strategie di sviluppo europee. Dopo anni di vana rincorsa agli investimenti e di altrettanto vana ricerca di suggestive vocazioni, Trieste ha l’opportunità di governare il proprio percorso di crescita, invertendo – finalmente e una volta per tutte – il trend di dorata decadenza che l’ha contraddistinta durante la seconda metà del ‘900.

Per farlo c’è bisogno di un metodo. Finalizzato a “mettere in sicurezza” alcuni fondamentali obiettivi da raggiungere, indipendentemente dal colore politico di chi governerà la città a seguito del voto delle elezioni amministrative in primavera.

C’è bisogno di un “Patto per Trieste”.

Stipulato fra tutte le forze politiche di destra, centro, sinistra (ammesso che tale classificazione abbia ancora un significato in un contesto di governo locale) dove si fissino dei punti fermi, degli obiettivi che diventano impegno per chiunque sarà indicato dai cittadini alla guida della città. Un esempio dei temi? Sviluppo della portualità, impianti energetici, bonifiche e rilancio del comparto manifatturiero, scelte urbanistiche, infrastrutture di trasporto e turistiche, solo per citarne alcuni. Un disegno di città, quindi, o “piano strategico” come a qualcuno piace definirlo. Non ad uso e consumo della campagna elettorale di una o dell’altra parte politica, non a mero supporto di slogan demagogici privi di contenuti, ma un progetto realizzabile per Trieste, di proprietà dei Triestini e da questi affidato agli amministratori affinché lo traducano in risultati concreti.

Non sono così ingenuo da pensare che possa essere una condizione semplice da realizzare. Ve li immaginate PdL, PD, Lega, UDC, FLI e liste varie chiusi nella medesima stanza a tracciare linee guida condivise e ad impegnare i propri candidati a perseguirle, anziché lacerarsi e massacrarsi a vicenda in un’aspra campagna elettorale, promettendo su tutto ed il contrario di tutto ad attoniti cittadini con ben altri quotidiani problemi per la testa? Difficile, eh?

Ma d’altra parte, perché escludere a priori la possibilità di un nuovo laboratorio politico in una città che già nel suo recente passato ha dimostrato, con l’esperienza della Lista per Trieste, di sapere e potere rompere quegli schemi nazionali diventati non più rispondenti alle esigenze del proprio territorio?
Le intelligenze non mancano così come le donne e gli uomini di valore, da una e dall’altra parte politica. E un “Patto per Trieste” aumenterebbe anche il peso specifico dei nostri parlamentari, la cui già esile forza numerica non sarebbe più divisa per bandiere, almeno su alcuni temi, nelle aule romane.

Le forze politiche potrebbero presentarsi agli elettori triestini, in primavera, diversificando l’offerta sui dettagli di percorso, sulle rimanenti scelte amministrative oltre che, ovviamente, sulle persone ritenute in grado di lavorare per onorare il “Patto”.

Sarà fantapolitica, sarà solo l’auspicio di un cittadino che vuole bene a Trieste e che, pur dopo dieci anni di conoscenza dei cinici meccanismi della politica, conserva ancora la capacità di coltivare un sogno.
Ma so anche che un approccio pulito e inedito che superi bandiere e poltrone e tenga conto, invece, solo dell’esclusivo interesse di Trieste sarebbe nutrimento puro per quel collante che deve legare una città ai propri amministratori.

E in un’epoca in cui salutiamo con favore la caduta di tanti confini, possiamo permetterci di istituirne uno nuovo. Anzi, di costruire un argine: quello fra una moderna ed efficace politica di e per Trieste e le infinite beghe romane di palazzo e di potere.
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1 commenti:

  1. Non è fantapolitica, è una cosa sensata e giusta. In Germania è stata realizzata a livello nazionale la grosse Koalition, perché non dovrebbe essere possibile poterlo fare a livello locale? Basta gridare agli "inciuci" in questi casi. Piuttosto lo vedo difficile fare ora a Trieste perché ci sono le elezioni.

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