Il Senato. Si giocherà qui la contesa elettorale. |
Il Corriere della Sera ripercorre tappe, sondaggi e dichiarazioni che precedettero il voto per il rinnovo del Parlamento nel 2006. Uno scenario che molti paragonano a quello attuale. Ecco cosa accadde all'epoca. E, forse, come potrebbe andare anche stavolta.
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Alla fine del 2005, dopo vittorie a ripetizione in quasi tutte le elezioni, gli italiani convinti che la primavera dopo le Politiche sarebbero state vinte dal centrosinistra erano il 55,5%, quelli convinti che la destra si sarebbe ripresa erano il 24%: 31 punti in meno.
Quanto agli orientamenti, l’Unione stava al 53,1%, la destra otto punti sotto. E per settimane si andò avanti così, coi vari sondaggi che davano la sinistra avanti di sei o otto punti e Berlusconi che si affannava a dire che quei sondaggi non erano buoni: «Siamo appena sotto, ma in rimonta». Anzi, a un certo punto si spinse a denunciare, facendo indignare tutti, una congiura ordita da una sorta di «sindacato dei sondaggisti» decisi a danneggiarlo. Resta il fatto che la sicumera con cui a sinistra si sentivano così predestinati al trionfo da scartare l’idea di Riccardo Illy di una lista civica d’appoggio o da liquidare con risatine i tonanti incoraggiamenti berlusconiani ai destrorsi in rotta, fu indimenticabile.
«Tutti e sei i principali istituti demoscopici riportano che ci sono 6 punti di differenza tra centrodestra e centrosinistra», spiegò Piero Fassino a fine gennaio. E proseguì: «Ritengo il nostro vantaggio incolmabile, ma non per questo vogliamo dar la vittoria per scontata. Il governo Prodi governerà con una maggioranza chiara per cinque anni. Non solo: avremo una maggioranza chiara sia alla Camera sia al Senato».
«L’ipotesi di un pareggio alle prossime elezioni», ridacchiò Alfonso Pecoraro Scanio, «esiste solo nei sondaggi taroccati del premier. Sarà l’Unione a garantire stabilità e rilanciare l’Italia dopo cinque anni di malgoverno». «Dopo la finanza creativa arrivano i sondaggi creativi», ironizzò una nota ufficiale della «cabina di regia» dell’Ulivo.
E mentre Renato Mannheimer avvertiva già a febbraio che il Senato sarebbe stato in bilico, il capogruppo del Pdci liquidava l’indagine della società «Penn, Schoes & Berland» favorevole al Cavaliere con parole irridenti: «Se il sondaggio americano, da lui commissionato e pagato, lo dà vincente, buon per lui: come si dice a Roma si consola con l’aglietto».
Va da sé che ancora più ridicolo fu considerato un sondaggio di Euromedia: «Dobbiamo essere grati a Berlusconi che dopo la bufala americana ora ci propone l’oracolo a perdere», diceva una nota dell’ufficio stampa Ds. E additava allo scherno Alessandra Ghisleri «la quale, da quando ha deciso di smettere i panni della paleontologa e si è messa a fare la sondaggista, con i numeri non ha la stessa dimestichezza che forse aveva con i tirannosauri».
Il gioco preferito, per qualche settimana, sembrò quello sui sondaggi esotici. «Mi sono rivolto ad amici sondaggisti della Papuasia che mi hanno riferito che il centrosinistra ha 20 punti di vantaggio non recuperabili dal Cav. Berlusconi», ammiccava non ancora berlusconizzato Clemente Mastella. «Di che sondaggi parlate, quelli arrivati dall’Ucraina?», chiedeva sorridendo Luciano Violante.
E poteva mancare Massimo D’Alema? «Sarcasmo da Rotterdam», come lo chiama Ferrara, fu impareggiabile: «Con i sondaggi Berlusconi vuole intimidire l’avversario e incoraggiare le proprie truppe. Siamo a forme primitive del tipo “gli Dei sono con noi. Abbiamo scrutato il volo degli uccelli dall’alto della collina e ci è favorevole”».
Poi arrivò la sera dello spoglio dei voti, la scoperta che il vantaggio immenso si era volatilizzato, lo shock, l’amara consapevolezza che al Senato sarebbe stato praticamente impossibile governare… Meno di due anni dopo, caduto il governo dopo un’agonia interminabile, parevano tutti contriti e decisi: mai più dare per morto il Cavaliere, mai più… Macché, l’hanno rifatto. E adesso sono lì, di colpo inquieti. E alle prese con quel fastidioso e sottile incubo notturno…
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