Ogni progetto ha i suoi oppositori. Il Parco del Mare va realizzato, ma è necessario che informazioni, progetti e dettagli escano dai circoli esclusivi e vengano condivisi con i cittadini.
12 febbraio 2017
La consolidata tradizione triestina esige che ogni progetto venga accompagnato da un Comitato ad esso contrario. Non fa eccezione il "Parco del Mare" (versione 2017) il quale, dopo la timida diffusione di una simulazione visiva composta da un'unica immagine, può a sua volta vantare un fronte organizzato di oppositori. Un fatto che, in realtà, aggiunge concretezza al progetto: il quale sembra aver così superato la stagione dello scetticismo per venire oggi percepito, invece, come davvero realizzabile. Così non fosse, nessuno sprecherebbe energie per opporvisi.
Del Comitato anti "Parco del Mare" dà notizia Gianpaolo Sarti su "Il Piccolo", con l'articolo che potete leggere in fondo al post. Ne è portavoce Giorgetta Dorfles, si chiama "La Lanterna".
L'area oggi degradata sulla quale dovrebbe sorgere il Parco del Mare |
Le obiezioni sollevate dal Comitato sono molteplici. Si oscurerebbe lo storico e svettante manufatto del Molo Fratelli Bandiera, si rovinerebbe il profilo architettonico delle Rive, si impedirebbe la vista del tramonto e delle cime carniche nelle giornate terse. Ma, secondo gli oppositori, problemi sorgerebbero anche con l'afflusso di visitatori e piedi e in auto. La fruizione dello storico stabilimento balneare "Pedocin" ne verrebbe penalizzata, il conto economico della struttura sarebbe deficitario, gli animali ivi ospitati soffrirebbero e anche il terreno sul quale dovrebbero sorgere le vasche non avrebbe i requisiti geologici necessari.
Se proprio ci si vuole ostinare a costruire il Parco, lo si faccia in Porto Vecchio, suggerisce il Comitato che intanto raccoglie online firme di adesione (al momento, sono oltre 300).
I "fronti del no", si diceva, sono parte della tradizione triestina.
Si ricorderà il blocco della riqualificazione di piazza Libertà, prospicente la Stazione Ferroviaria, sull'onda dell'indignazione popolare per il prospettato abbattimento di una decina di alberature d'alto fusto. A nulla valse la progettata piantumazione di nuovi alberi in numero superiore a quelli eliminati. Era il 2008 e da allora la malfrequentata piazza e l'antiquata viabilità circostante sono rimaste com'erano.
Uno dei progetti per la trasformazione in Centro Congressi dell'ex Magazzini Vini. |
Ma anche qui si levarono ben presto voci contrarie. L'impianto progettato, peraltro di ottima qualità architettonica, si sarebbe elevato di qualche metro rispetto all'edificio pre-esistente. Un colpo ferale al panorama, al profilo delle Rive, ecc., obiettarono alcuni. La politica compì una giravolta e si allineò ai (pochi) contrari. Morale: altri anni di bocce ferme fino all'accantonamento dell'idea e la conversione a tutt'altro uso. Oggi l'edificio è ottimamente ristrutturato e ospita Eataly. Ma non abbiamo il centro congressi, la cui mancanza continua a venire lamentata un po' da tutti.
Andando indietro nel tempo, le cronache triestine narrano della ferocissima opposizione di gran parte della città all'opera di interramento a Barcola, eseguita a fine anni '50.
Anche in quel caso, la presunta violenza ambientale che sarebbe stata perpetrata ai danni della linea di costa, l'occlusione della vista mare derivante dalla messa a dimora di alberature, costituivano i motivi fondanti dell'estesa protesta. Si procedette comunque e oggi quell'interramento si chiama Pineta di Barcola e d'estate brulica di bagnanti triestini.
Non che fuori dal capoluogo giuliano le cose vadano in modo diverso. E nemmeno fuori dai confini nazionali.
Il Guggenheim Museum di Bilbao. |
Già il rendering dell'imponente edificio accese vibranti proteste, sdegno e pesanti critiche per la presunta insostenibilità dell'impatto paesaggistico e ambientale. Oltre che per aspetti economici e finanziari. Ma l'obiettivo era chiaro e si andò avanti: a fine 1997 il Museo venne inaugurato. È stato calcolato che, già nei soli primi due anni di attività, il contenitore culturale generò oltre 650 milioni di euro di ricavi per l'indotto cittadino. Oggi non solo nessuno ricorda l'eco delle proteste iniziali, ma i tassisti locali rallentano davanti al Guggenheim e lo indicano con orgoglio al passeggero-turista.
* * * * * * * * * *
Quella del Parco del Mare è una vicenda che si sta svolgendo in modo molto simile agli esempi appena descritti. I quali si sono risolti, a seconda dei casi, con esiti negativi o positivi. O con cambiamenti di rotta verso soluzioni alternative.Che una parte di città si opponga al progetto è perciò nell'ordine delle cose. Lo è un po' meno che l'opposizione si sviluppi già prima che un progetto articolato venga reso pubblico. A oggi, infatti, è disponibile solo una, singola immagine di un bozzetto tutt'altro che definitivo. Un po' poco per conferire fondatezza e puntualità alle obiezioni sollevate.
D'altra parte, dopo ben 13 anni dall'idea - nata dal fallimento della candidatura di Trieste a ospitare l'Expo tematico del 2008 -, sarebbe opportuno e doveroso che la città intera venga informata e coinvolta su un progetto così importante. Anche perché sembra, a differenza degli innumerevoli stop&go e dei cambi di direzione del passato, che stavolta si registri, fra gli attori istituzionali e privati coinvolti, una positiva unitarietà d'intenti volta alla effettiva realizzazione del Parco del Mare. E anche il sito scelto - dopo un lungo pellegrinaggio fra terrapieno di Barcola, Campo Marzio, Salone degli Incanti, Porto Vecchio -, possiede peculiari caratteristiche che ne rendono probabile la definitività della scelta.
Il Parco del Mare può significare davvero per Trieste quanto è stato ipotizzato e promesso: un poderoso produttore di flussi turistici destagionalizzati, volano di positivi cicli economici locali, generatore di nuovi posti di lavoro.
Il progetto va perciò perseguito e realizzato. Ma andrà incontro a nuove difficoltà e ritardi se rimarrà argomento da circoli esclusivi. Lavorare in silenzio è generalmente un buon metodo, ma non può più esserlo ora, non dopo tredici anni durante i quali troppe volte si è detto tutto e il suo contrario.
Va organizzato un coinvolgimento pubblico permanente, ora. Un osservatorio aperto a chiunque voglia apprendere e seguire ogni passo verso la realizzazione. E tutti i soggetti decisori - e finanziatori, pubblici e privati - si mettano uno a fianco dell'altro, come una squadra, e si rivolgano alla città. Ascoltino le molteplici voci, spieghino, fughino i dubbi, correggano se è il caso, dialoghino. Descrivano, insieme, il lavoro fin qui svolto - che è tanto, nonostante i risultati siano stati spesso mortificati o azzerati dalla schizofrenica mutevolezza degli umori politici.
Va creato un clima, insomma. Quello che fa percepire un progetto come un obiettivo comune di una città, cui i cittadini possono aderire perché coinvolti e convinti.
Un'idea si concretizza quando ci sono sostanza e metodo. Ed è quest'ultimo che va ora curato. Perché solo dentro un Parco del Fare (fare condivisione, squadra, comunità) si costruisce il Parco del Mare.
Nessun commento:
Posta un commento
Il blog di Paolo Rovis.
Notizie, opinioni, politica.
A Trieste e nel Friuli Venezia Giulia.