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Trieste: un cristiano alla festa di fine Ramadan.


Trieste: un cristiano alla festa di fine Ramadan.

La comunità mussulmana riempie il PalaTrieste per festeggiare la "rottura del digiuno". Per la prima volta, ho partecipato anch'io. Ecco com'è andata.

25 giugno 2017

"Cominceremo con un po' di ritardo: molti fratelli e sorelle sono in arrivo, ma è domenica e gli autobus sono meno frequenti..."

I circa 800 fedeli mussulmani in attesa dalle 9 del mattino, seduti sui tappeti stesi sopra il parterre del più grande palasport di Trieste, non si scompongono. Chiacchierano in gruppetti, scattano foto e selfie, in molti sono collegati in videochiamata con familiari o amici lontani. L'impianto di amplificazione, dopo l'annuncio del piccolo contrattempo, riprende a diffondere preghiere registrate, in lingua araba.

Sono riuniti per festeggiare la "rottura del digiuno", la fine del Ramadan durato un mese, durante il quale è d'obbligo astenersi dal bere, mangiare, fumare e dal praticare attività sessuali. Solo dopo il tramonto è consentito nutrirsi e dissetarsi.

Venti minuti più tardi entra un gruppo di trenta persone: uomini, donne, bambini. Segno che l'autobus è arrivato, si può iniziare.
Un momento della preghiera.
Il colpo d'occhio è notevole. Sono rappresentati tutti i colori della pelle. Dal bianco caucasico fino al nero africano più profondo, passando per le sfumature mediorientali, asiatiche, mediterranee. Stessa varietà per l'abbigliamento. Per i giovanissimi lo standard occidentale casual o elegante con giacca e cravatta. Una sfida all'impianto di condizionamento rimasto spento.

Diverse le camicie stirate di fresco, in onore della festa. Molti gli abiti tradizionali, soprattutto fra gli africani. Coloratissime le donne, velate con foulards sgargianti e quasi fluorescenti.

Il pavimento del foyer, all'ingresso, è ricoperto di scarpe. Sul campo di gioco, solitamente calcato dalle squadre di basket, si accede scalzi e solo dopo aver attinto a due bacinelle d'acqua per la simbolica abluzione.

Nader Akkad, siriano, ingegnere e ricercatore all'Ictp di Miramare, è l'Imam di Trieste. Spetta a lui guidare la preghiera. Un rito suggestivo e profondo (video in fondo al post), durante il quale Allah viene invocato con costanza e deferenza. Ci si connette con Dio in arabo, ma Nader intercala raccomandazioni in italiano. Così come in italiano terrà il suo sermone alla fine delle orazioni "ufficiali".
Selfie con Nader Akkad.
"Ci sono 30 nazionalità rappresentate, è una comunità bellissima" mi spiega con orgoglio Saleh Igbarria, presidente della comunità islamica di Trieste. Loda la società sportiva "Pallacanestro Trieste", gestore dell'impianto, "per avercelo concesso, agevolandoci in tutto".
Selfie con Saleh Igbarria.
Terminano le preghiere. Quasi tutti rimangono seduti, solo un po' di fedeli si alza in piedi e dirige rapidamente verso l'uscita. Chiedo a Nader il motivo dell'improvviso "abbandono". "È una scuola diversa, secondo la quale la rottura del digiuno è segnata con la conclusione delle orazioni. Non attendono di sentire l'Imam, ma va bene anche così", rassicura con serenità. Sapevo che la parola Islam cela un universo di complessità, ne ho avuto un'ulteriore piccola dimostrazione.

È il momento del sermone, in lingua italiana. Il silenzio e l'attenzione sono totali, così come durante le preghiere. Se si fa eccezione per i numerosi bambini, che non hanno mai smesso di sciamare giocosi tutt'intorno al parterre: un gradevole contrasto tra la solennità degli adulti e la gioia spontanea dei più piccoli.

"Invochiamo Allah perché faccia scendere la pace nelle terre martoriate da guerre e violenze", è l'appello di Nader Akkad, cui fa seguire un purtroppo lungo elenco di nazioni sparse tra Africa, Asia e Medioriente. Ma si chiede al Signore anche di "mantenere la pace e la sicurezza per i cittadini italiani, europei, americani", preservandoli da attentati e stragi.

L'Imam ricorda che "l'Islam è pace e amore. Ognuno di noi deve fare la sua parte affinché sia sempre così. Eventuali radicalismi vanno combattuti, se ci sono mele marce vanno segnalate. Sono persone che possono fare molto male agli altri e che danneggiano anche la nostra comunità".

"Noi siamo a Trieste, una città accogliente che offre molto. Il premio di Allah per i sacrifici del Ramadan è l'assoluzione dei peccati. Allo stesso modo, dobbiamo premiare con la nostra disponibilità e riconoscenza la città in cui possiamo vivere in pace." aggiunge Nader rivolgendosi ai richiedenti asilo.

Akkad non svicola il tema dell'integrazione che, dice, "significa partecipazione". Partecipare alla vita sociale cittadina, visitare i musei, conoscerne la storia e le usanze. "Imparate questa bellissima lingua che è l'italiano, per meglio rapportarvi con gli altri", esorta alla fine.

La festa era aperta a tutti. Ma siamo al massimo una decina quelli non musulmani venuti ad assistere. Ci sono stato oggi per la prima volta, mosso da curiosità e voglia di apprendere. E anche per dare il mio minuscolo supporto al lavoro dell'amico Nader Akkad. Se lui invita i mussulmani alla partecipazione, magari è bene dimostrare che ci sono anche cristiani disponibili a partecipare, accogliendo l'invito di una comunità di fede diversa.

Alla fine della cerimonia religiosa, si recuperano le scarpe. In fretta, perché nella palestra a fianco il rinfresco già apparecchiato sui tavoli, attende. 

Ed è lì, tra Coca-Cola e aranciata nei bicchieri di plastica, tra i sacchetti di patatine, tra mamme che distribuiscono la merenda ai bambini vocianti e uomini a caccia di tramezzini, che si comprende come si possa pregare un Dio con nomi diversi e però condividere i medesimi piccoli momenti di spensieratezza, la stessa aspirazione di vivere in pace, con laboriosità, provando le medesime emozioni, amando la propria famiglia, i figli, la vita.

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